La profondità del bene

16.00

A due anni dal processo al funzionario nazista Adolf Eichmann (1961), per il quale aveva coniato l’espressione di «banalità del male», Hannah Arendt concluse che «soltanto il bene ha profondità e può essere radicale», ripensando il nucleo di Le origini del totalitarismo (1948), ma non sviluppò questa sua intuizione. Cosa avrebbe potuto dire, la celebre pensatrice politica tedesca, la grande studiosa del nazismo, se avesse potuto leggere il Diario e le Lettere di Etty Hillesum, intellettuale ebrea morta a 29 anni ad Auschwitz, nel 1943, dopo un anno e mezzo trascorso nel campo di smistamento olandese di Westerbork?

Questo saggio intende mostrare come l’idea della “profondità del bene” trovi nella palpitante esperienza di vita di Hillesum una convincente risposta. A dare pienezza di senso all’esistere non è la felicità priva di spine, ma la sofferenza “sentita fino in fondo” e la capacità di “ospitare gli altri dentro di noi”, anche i propri aguzzini, come testimonia la vita breve di Etty, che sognava di viaggiare e scrivere romanzi. Andò verso la morte con lo zaino in spalla, cantando. Il suo pensiero, mai separabile dall’esperienza appassionata del vivere, viene qui esaminato in una prospettiva metafisica, come fonte di positum, positivum e bonum, tre passaggi decisivi per superare le aporie sollevate da quella arendtiana “profondità del bene” che sembra così in contrasto con le tragedie del Secolo Breve e, più in generale, con le miserie della condizione umana.

 

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Informazioni aggiuntive

Peso 0.400 kg
Dimensioni 16 × 24 cm